Nel lontano 1853, due Lucchesi, Eugenio Barsanti e Felice Matteucci, hanno brevettato il primo motore a combustione interna.
Lo sviluppo di questo brevetto ha portato, nel 1886, alla nascita della prima automobile, mentre le successive evoluzioni sono sotto gli occhi di tutti.
Conosciamo, a grandi linee, il principio di funzionamento del motore di un’automobile e, purtroppo, conosciamo anche le conseguenze ambientali del suo utilizzo.
Le celle a combustibile esistevano già.
Proprio così. Nel 1839, 14 anni prima del brevetto del motore a combustione interna, Sir William Robert Grove aveva già realizzato la prima cella a combustione, ovvero un apparecchio che produceva elettricità utilizzando una miscela di idrogeno e ossigeno.
La tecnologia di quell’epoca non ha consentito alle celle lo stesso sviluppo del motore a combustione, mentre gli sconvolgimenti politici della seconda metà dell’Ottocento e le due guerre mondiali del ventesimo secolo, hanno messo in secondo piano la ricerca di una fonte di energia alternativa, relegando lo sviluppo dell’idrogeno solo al settore bellico.
Fino a quel momento, forse soltanto Jules Verne, nelle sue opere, aveva ipotizzato che l’idrogeno sarebbe stato usato come combustibile e fonte di luce e di calore.
Oggi queste idee sono finalmente diventate una realtà.
L’idrogeno, infatti, oltre a essere l’elemento maggiormente presente nell’universo, è estremamente versatile e integrabile con le altre rinnovabili per la produzione di energia pulita.
Abbiamo visto come l’attività umana stia impattando con l’ambiente e quale sia il rapporto tra danno ambientale, biodiversità e la diffusione di nuovi virus, per questo motivo sono necessarie azioni incisive per la tutela degli ecosistemi e, nelle prospettive future, l’idrogeno rappresenta un pilastro portante, anche se occorre perfezionare le tecnologie.
Perfezionarle, non crearle, perché la produzione energetica attraverso l’idrogeno è già una realtà, che ha però ancora un costo elevato, perché l’idrogeno, anche se è l’elemento più diffuso in natura, si trova contenuto in altri elementi per cui deve essere “estratto”.
L’elemento più diffuso
Esistono tre metodi di estrazione, che vengono definiti con colori diversi.
processi totalmente decarbonizzati (idrogeno verde) o con emissioni molto limitate (idrogeno blu) oppure prodotto da fonti fossili attraverso procedimenti con emissioni di CO2 (idrogeno grigio).
In abbinamento alle altre rinnovabili, l’idrogeno può dare loro stabilità, avviando alle problematiche relative ai picchi o alle carenze di produzione dell’energia solare e eolica.
Questi picchi possono essere utilizzati per creare idrogeno, che può essere facilmente stoccato e trasportato attraverso i gasdotti esistenti, permettendo di trasferire l’energia prodotta da fonti rinnovabili in luoghi lontani, garantendo sicurezza e continuità di fornitura.
Oggi però oltre tre quarti dell’idrogeno, peraltro utilizzato soprattutto per la lavorazione di petrolio e fertilizzanti, è “grigio”.
Negli usi finali, si auspica nella crescita dell’idrogeno come vettore energetico da trasformare in elettricità o energia termica nel settore residenziale, industriale, ma soprattutto nei trasporti.
Il principio per la conversione in energia elettrica è quella del 1839, ed è la cella a combustione, un processo molto efficiente in termini di sostenibilità ambientale, poiché questa combustione, invece di produrre anidride carbonica, produce acqua, inoltre è più efficiente rispetto alle batterie ricaricabili dei veicoli elettrici.
La storia si ripete
Pur in una visione ottimistica del problema, la domanda ovvia che ci si pone, è il motivo per cui non si siano sviluppate in modo concreto, in passato, ricerche idonee alla creazione di fonti di energia rinnovabili.
La risposta è altrettanto ovvia e indirettamente è già stata scritta in queste pagine: l’idrogeno è ovunque; quindi, non ci saranno paesi che lo potranno vendere ad altri paesi, per questo motivo l’energia non sarà solo pulita, ma anche democraticamente redistribuita verso tutti.
L’attuale situazione geopolitica, la guerra tra Russia e Ucraina, non è nulla a cui non si sia già assistito, sia in termini di crudeltà e orrore, sia in termini economici.
Già nel 1973, l’invasione di Israele da parte di Egitto e Siria aveva creato una situazione di estrema crisi energetica.
Fu una guerra breve, durata meno di un mese: Israele si trovò inizialmente in difficoltà, ma alla fine l’esercito israeliano risultò vincitore, tanto da minacciare Il Cairo.
Nello stesso tempo, le nazioni arabe, unite dall’astio verso gli Americani e alleate di Egitto e Siria, iniziarono una rappresaglia, raddoppiando il prezzo del petrolio a livello mondiale e diminuendo del 25% le esportazioni.
Il prezzo del petrolio aumentò in modo spropositato, fino al triplo rispetto alle tariffe precedenti.
In tutto il mondo iniziò un programma di “austerity”, per diminuire il consumo e evitare sprechi: in Italia vennero varate norme che vietavano di utilizzare l’automobile nei giorni festivi, obbligavano l’unica emittente televisiva presente a terminare anticipatamente i programmi e venne anche diminuita l’intensità dell’illuminazione pubblica e dei negozi.
L’Italia iniziò la costruzione di centrali nucleari, poi dismesse in seguito a un referendum successivo e la crisi dette impulso all’utilizzo di nuove fonti energetiche.
Proprio quel gas naturale che ora ci vede succubi della Russia.
Ancora una volta, classi dirigenti ottuse avevano preso decisioni tampone per risolvere l’emergenza, senza preoccuparsi del futuro, senza rendersi conto che quell’episodio stava ponendo fine alla crescita economica che aveva caratterizzato l’ultimo ventennio.
La crisi economica che ne scaturì è stata la madre della successiva crisi industriale, del lento decadimento dell’economia occidentale.
La caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda ci avevano illusi che i problemi nei rapporti tra le nazioni occidentali fossero risolti e che nulla avrebbe potuto riportarci a quegli anni.
Invece, siamo nuovamente immersi in una crisi energetica scatenata da una guerra, senza aver risolto quei problemi e pronti a ripetere gli stessi errori, consentendo (proposta del Governo italiano) nuovamente l’utilizzo delle centrali a carbone.
Se è vero che dalle cose brutte della vita bisogna creare nuove opportunità, allora questa guerra, che deve essere fermata con ogni mezzo, dovrà essere il volano per una definitiva evoluzione della produzione energetica e che l’idrogeno sia, per questa volta, una bomba veramente intelligente.